Al quotidiano La Città parla il calciatore che fece sognare Salerno segnando al Meazza
Dici Inter-Salernitana e ripensi alla sfida di fine novembre ‘98. A una delle migliori prestazioni dal punto di vista del gioco e delle occasioni create della formazione all’epoca allenata da Delio Rossi, capace di dominare per larghi tratti Roberto Baggio e compagni, tanto che la rimonta non servirà a salvare la panchina di Gigi Simoni. Il compianto Giampiero Galeazzi non esitò a definirla la Real Salernitana (i nerazzurri avevano battuto poche ore prima le merengues in Champions League), ad aprire le danze fu David Di Michele, che “scelse” San Siro per trovare il suo primo gol in serie A.
Per lei la soddisfazione di una rete all’Inter…
“Forse loro la sottovalutarono un po’ quella gara, ricordo che costò la panchina a Simoni nonostante la vittoria. Non si aspettavano che noi andassimo a giocarcela a viso aperto, probabilmente anche la sfida europea con il Real Madrid aveva tolto un po’ di energie mentali e fisiche. Io avevo già segnato all’Inter in Coppa Italia l’anno prima con il Foggia, mi ha sempre portato bene, anche se sono stato per diversi anni eterno sposo dei nerazzurri, e quello è il mio più grande rimpianto, avrei voluto misurarmi”.
Può essere uno scenario simile la sfida di oggi?
“Certo il derby, anche se di Coppa Italia, incide tanto, perché toglie energie. Se la Salernitana aggredirà l’avversario l’Inter può andare in difficoltà. Però i nerazzurri saranno arrabbiati, dopo diverse giornate senza vittorie c’è la necessità di tornare a fare punti, forse il momento migliore per affrontarli sarebbe stato un paio di settimane fa, proprio all’inizio della crisi, magari dopo la sconfitta con il Sassuolo”.
La Salernitana ora, però, è una squadra viva?
“Il pareggio con il Milan lo dimostra. Davano tutti per scontata una vittoria agevole all’Arechi e, invece, hanno rischiato di perderla. Chiunque affronta la Salernitana ora ha la consapevolezza di aver di fronte una squadra non più così abbordabile, Djuric è rinato, Verdi, Fazio, Perotti, sono tutti giocatori molto importanti. Anche se erano inattivi da un po’ sembra che siano entrati subito in condizione”.
La rivoluzione di Sabatini l’ha convinta.
“E’ uno dei più bravi in Italia. Sa far lavorare gli altri, sa mettere a disposizione dell’allenatore una squadra con giocatori pieni di stimoli. Per far sì che un calciatore accetti Salerno servono quelli e se non li hai te li tirano fuori i tifosi. Non puoi non averne in quella città e con quella tifoseria”.
Ripensa mai a quanto poco è mancato per centrare la salvezza nella stagione ’98-’99?
“Ogni tanto il pensiero torna, è normale. Vedi le partite a San Siro contro Milan e Inter e realizzi che non hai portato un punto a casa, magari tornando indietro anche quel punticino poteva essere difeso con più malizia, avrebbe potuto fare la differenza. E’ stata una grandissima rincorsa, ci è mancato davvero poso, ne parliamo ogni volta che ci incontriamo con i compagni di quella stagione. Si pensano tante cose, poi forse ti arrendi all’idea che doveva andare così. Certo la retrocessione è il male peggiore, non potremo mai dimenticare la tragedia sul treno di ritorno da Piacenza. Quello va oltre il risultato del campo, va oltre il calcio”.
FONTE LA CITTA’