L’articolo del quotidiano Il Mattino consente di conoscere meglio un giocatore arrivato tra lo scetticismo generale, ma che è rinato grazie a Castori e alla Salernitana.
E dire che aveva pensato di smettere. Stefan Strandberg è lacrime di rabbia e poi di gioia, è un invito a non mollare mai, è il leader della difesa di Castori. Cerca consacrazione a 31 anni, dopo terribili infortuni e la morte di un fratello. La sua storia è esempio di forza. Sette giorni fa il difensore l’ha raccontata alla troupe dell’emittente norvegese TV2. Ha aperto casa sua, lo sguardo al panorama di Salerno e soprattutto il cuore al collega Eirik Hjelvik, che ha celebrato il punto di riferimento della Nazionale di Solbakken impegnata domani in Turchia. “Non sono mai stato così bene, aver acquisito continuità mi ha aiutato ha detto in una lunga intervista. È strano dirlo, ma sento di poter giocare ancora tanto. Voglio recuperare quel che ho perso di una carriera vissuta sulle montagne russe, in cui mi sono tolto comunque soddisfazioni. Ma con un altro fisico avrei potuto fare un percorso diverso”. Già. Aveva vinto tutto in patria col Rosenborg, esordito in Nazionale e firmato un ricco contratto coi russi del Krasnodar.
Poi, il prestito in Germania, all’Hannover, per stare più vicino alla famiglia e al fratello maggiore, Kenny, malato di leucemia. Il 3 febbraio 2017 gioca contro il Greuther Furth, poi inizia il calvario: si rompe il tendine d’Achille sia a sinistra, sia a destra e finisce complessivamente sei volte sotto i ferri. Il risultato è due anni di inattività. Frattanto, aveva dovuto dire addio al fratello. Torna in campo solo il 2 marzo 2019. A dargli una chance è l’Ural, sempre in Russia. Che gli offre pure il rinnovo triennale, ma Strandberg è onesto e dice no: “Mi sentivo completamente vuoto”. Confessa di aver pensato di smettere nell’estate 2019: “Ero scarico, non avevo motivazioni. Ero stanco di tutto e ho trascorso molto tempo a riflettere sul futuro, nonostante fossi riuscito a tornare in campo dopo un lungo stop. Il mix tra guai fisici e la morte di mio fratello è stato difficile da affrontare”. Mise infatti da parte il calcio, fondando l’associazione benefica «Step by Step Charity» con Joakym Hykkerud, connazionale campione di pallamano.
Poi, l’illuminazione dall’Italia con la chiamata del Trapani, ultimo in B. Accettò da svincolato, trovò quasi subito Castori. Anche all’Arechi, da avversario dell’ippocampo, il 10 febbraio 2020: perse 1-0, segnò Djuric. Corsi e ricorsi. «In Italia ho riassaporato l’amore per il calcio. La mia famiglia ha sempre amato la Serie A, giocarci è un sogno. L’altro mio fratello ha tre bambini: Dida, Nesta e Maldini», dice Strandberg. È nato e cresciuto a Lyngdal, circa 10mila abitanti. Posto tranquillo che ha forgiato un carattere glaciale. “Sono sicuro di me, non mi lascio influenzare. La mia caratteristica migliore è trasferire questa sicurezza a chi è al mio fianco. Non ho pregi visibili al normale tifoso: non sono veloce, non salto più in alto. Sono i miei compagni e chi mi è più vicino a notare di più le mie qualità”. Castori ne sa qualcosa: “Volevo Stefan perché è un giocatore completo e affidabile. Comanda la difesa, legge la partita, ha un buon piede, è bravo nel gioco aereo e ha personalità». Il difensore ringrazia e incassa pure la stima del suo CT, Solbakken, «Come giocatore e come uomo. L’approdo in un campionato di grande livello contribuirà a tirar fuori il suo meglio. Credo che ora sia al top: si fa sempre trovare nella posizione giusta, ha coraggio”.
Con Bremer (Torino) e Nuytinck (Udinese) nell’ultimo turno è stato il re dei recuperi difensivi (15). Strandberg è leader anche in Nazionale, amico di Odegaard e Haaland. A loro non risparmia rimbrotti, se serve. Norvegia in vetta al girone di qualificazione ai Mondiali con 13 punti, come l’Olanda: domani andrà in Turchia (11 punti), lunedì a Oslo riceverà il più abbordabile Montenegro. “Queste gare danno adrenalina soprattutto a chi, come me, è stato lontano a lungo dai campi. Quando ci sei, non puoi farne a meno. È una specie di droga, sono motivatissimo la chiosa del difensore Ogni volta che sono arrivato a un buon livello, mi sono infortunato. Da un bel po’ sto bene, voglio dare il mio contributo”. L’uomo della lotta silenziosa, un condottiero da salvezza, il vichingo dalla faccia pulita e per niente scaramantico. Lassù c’è qualcuno a guidarlo.