Il fuoriclasse francese, che ha dato meno di quanto previsto, è stato applaudito a prescindere mentre altri, pur con dei limiti tecnici, hanno dato il cuore e sono stati fischiati senza meritarlo. Di Tacchio su tutti.
La premessa è quasi d’obbligo: nessuno di noi giudicherà mai un atleta dal punto di vista umano. Tutti noi possiamo commettere degli errori e fare la morale sarebbe esercizio demagogico che non ci appartiene. Non sappiamo come siano andate le cose per davvero, ma c’è comunque una certezza: un calciatore, soprattutto se esperto, deve dare l’esempio e non può andare girando in macchina in piena notte sapendo che c’è una partita fondamentale da preparare e con una squadra tristemente ultima in classifica. La cosa più importante è che Ribery stia bene: non ha subito conseguenze gravi, a breve riprenderà ad allenarsi e se l’è cavata con un trauma cranico di lieve entità. Ma non si può restare indifferenti rispetto alla mancanza di rispetto nei confronti di una proprietà che paga un ingaggio salatissimo, dei compagni, della dirigenza, dell’allenatore, ma soprattutto dei tifosi. Quelli che, sotto l’acqua, hanno cantato e incitato la Salernitana e che saranno gli unici, emotivamente, a pagare in caso di malaugurata retrocessione. Ma questa vicenda (che, si spera, porterà il team manager e il ds a stilare un regolamento interno ancora più severo e a tenere gli occhi più aperti, c’è chi sul web invoca una risoluzione del contratto per giusta causa con reintegro in rosa di Strandberg o Capezzi) lascia comunque in eredità un insegnamento, in pratica quanto gli ultras della curva Sud dicono da tempo: solo per la maglia, mai per chi la indossa.
Perchè, salvo rarissime eccezioni, i calciatori che oggi baciano la maglia saranno pronti a “tradirla”.alla prima offerta economicamente vantaggiosa o alla prima “tentazione” garantita dalla bella vita. Le bandiere, tanto per usare un’altra frase fatta, non esistono da tempo, un minuto dopo l’eventuale aritmetico salto indietro siamo convinti che la stragrande maggioranza dei giocatori penserà alle vacanze o alla prossima destinazione mentre decine di migliaia di persone verseranno lacrime amare. E allora tanto vale amare la casacca, il simbolo, la storia e la città prescindendo da nomi e cognomi. Certo, se poi le cadute di stile arrivano da campioni di livello internazionale, accolti da quasi 7000 persone in un caldissimo pomeriggio di settembre, l’amarezza c’è ed è anche tanta. Ma il capitolo è chiuso, toccherà eventualmente a Iervolino e Sabatini assumere le decisioni che riterranno più opportune anche a tutela dello spogliatoio. Ma un’altra cosa vogliamo aggiungerla: pensando a questo spiacevole episodio, si dovrebbe quasi chiedere scusa a Di Tacchio o ad altri calciatori forse tecnicamente limitati, qualcuno anche non all’altezza della categoria, ma che hanno sempre dato il cuore e l’anima per la Salernitana vincendo un campionato a porte chiuse e tra mille difficoltà.
I fatti sono evidenti: gli eroi della passata stagione sono stati quelli più “massacrati” dalla critica e da parte della tifoseria, mentre chi è stato giudicato più per il palmares che per l’effettivo rendimento ha ricevuto fiducia incondizionata e incoraggiamenti quotidiani. Lo ricordiamo ancora, il vero capitano, lasciare il campo tra i fischi dopo una prestazione forse non eccelsa, ma di grandissimo carattere e senza mai tirare indietro la gamba. Rimembriamo altresì i primi sei mesi di Djuric, uno che quella fascia dovrebbe averla incollata al braccio a tempo indeterminato per la professionalità dimostrata, quasi come fosse un salernitano a tutti gli effeti. Stesso discorso per Belec, Schiavone, tanti altri ragazzi oggi ai margini ma a cui, Salerno, dovrà essere sempre riconoscente. A Ribery gli auguri di pronta guarigione. Alla squadra un unico appello: incarnate i valori di quello splendido gruppo che, appena un anno fa, ha scritto la storia mordendo il pallone e gettando in campo fino all’ultima goccia di sudore.
Gaetano Ferraiuolo