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Belle parole di Antonino Bernardini, grande estimatore di Colantuono.

“Ho avuto Stefano Colantuono come allenatore per due anni all’Atalanta, abbiamo vinto prima il campionato di B, poi abbiamo raggiunto l’ottavo posto in serie A, è stato il miglior piazzamento della storia dell’Atalanta prima dell’era Gasperini. Non è detto che le cose migliorino come per magia, ma se c’è un allenatore che può dare una scossa soprattutto dal punto di vista mentale, quello è lui. E a chi mi dice del tempo fermo senza allenare, faccio notare quello che sta facendo Luciano Spalletti…”. Antonino Bernardini, ex centrocampista con un passato nella Salernitana, non ha dubbi. Più che sul lato tecnico, per il “professore” il nuovo allenatore dell’ippocampo potrà portare in dote soprattutto motivazioni e rabbia agonistica.

Si aspettava l’avvicendamento tra Castori e Colantuono?
“Purtroppo nel calcio, specialmente in Italia, alle prime difficoltà si scarica subito l’allenatore. Il lavoro del mister è legato ai risultati, ci si dimentica in fretta di quello che si è fatto in passato, si deve dimostrare qualcosa ogni domenica. Da noi si tende a cambiare molto prima rispetto ad altri campionati, si cerca di dare una scossa in questo modo…”.

Il suo ex allenatore può portarla questa scossa?
“Sì, anzi porterà sicuramente grinta, fiducia nei calciatori magari meno utilizzati finora. È un uomo che nello spogliatoio si fa sentire, sa riempire di motivazioni la squadra, da come prepara la partita sembra quasi debba scendere in campo anche lui”.

I ricordi sembrano molto positivi…
“E lo sono. Avevamo una gran bella squadra, capace di vincere il campionato di B e poi di conquistare il miglior piazzamento della storia dell’Atalanta prima del nuovo corso nerazzurro. Era un martello”.

Può bastare per provare a conquistare la salvezza?
“Credo che si debba andare al di là dei singoli e ritrovare subito unità d’intenti. Soprattutto si deve acquisire una mentalità diversa dalla B: c’è molta differenza, soprattutto in termini di qualità, con la serie A e col passare degli anni il divario si è allargato. Poi ci sono le idee, quelle restano sempre”.

Qualcuno ha storto il naso proprio perché fermo da diversi anni…
“E Spalletti, allora? Anche lui era fermo da due anni, i risultati del Napoli siano sotto gli occhi di tutti. Si deve lavorare soprattutto sulla testa, cercare di essere un po’ psicologi per far ritrovare serenità, Colantuono è sicuramente uno che non molla mai”.

Come ha reagito quando ha saputo della promozione della Salernitana in A?
“Ho gioito di cuore. L’ho detto già in passato, anche se a Salerno sono stato dieci mesi, è la città dove sono stato meglio, quella dove mi sono sentito un giocatore veramente importante. Ho ricordi dello stadio Arechi che porto ancora con me”.

Ce ne racconta qualcuno?
“Salernitana-Inter, 40mila persone sugli spalti, Ronaldo il “fenomeno”, quello vero, che rimane a bocca aperta, incredulo di fronte alla Curva Sud. E la faccia che fece quando i tifosi granata iniziarono a cantare per Marco Di Vaio «il fenomeno ce l’abbiamo noi». Incredulo”.

Il pubblico può essere un’arma in più?
“Sicuramente ci diede una marcia in più, non si deve perdere la lucidità o fare scarica barile, il malumore può esserci quando sei ultimo in classifica, ma penso che se ne possa venire fuori”.

Anche per cancellare, magari, qualche fantasma del passato?
“Ne ho parlato quasi solo con gli amici più cari, io quella punizione di Piacenza l’ho sognata per anni. Ancora non mi spiego come abbia fatto Fiori ad allungarsi in quel modo: l’ha presa con le unghie, forse si sarà sfilato il guanto per pararla. Difficile spiegare quanto ci tenessi a quella salvezza, specie dopo i due rigori sbagliati. Proprio per quello volevo rimanere ancora alla Salernitana”.

E invece decise di ripartire da Vicenza…
“Avevo deciso di restare, il presidente Aliberti mi disse di aspettare perché voleva tenermi, non ho nemmeno disdetto l’affitto della casa. Volevamo provare a riportare la Salernitana dove merita: insieme a Vannucchi e Di Michele, decidemmo di restare per riportare la Salernitana in A. A luglio non ho avuto più notizie e, senza squadra, ho capito che sarei dovuto andare da un’altra parte”.