Il ds svela una serie di retroscena di mercato e annuncia di aver virtualmente già trovato l’accordo per il rinnovo
«Posso fare una premessa? Sono un uomo felice, tardivamente felice. Io adoro essere amato e, qui a Salerno, mi sento amatissimo, senza riserve, senza distinguo». Questo l’inizio dell’intervista rilasciata dal ds Walter Sabatini al Corriere dello Sport.
Sei capace di ricambiare quando ti si ama così tanto?
«No. Ma sto contraendo un debito che mi peserà tutta la vita».
Puoi migliorare sotto questo aspetto…
«Escludo. Però, il debito con Salerno so di doverlo onorare e farò di tutto perché succeda».
Quanto è stato difficile dire sì a Iervolino?
«Tanto. Ero terrorizzato all’idea di retrocedere, paura tutt’ora attiva. Non sono mai retrocesso nella mia vita. Ha prevalso il senso della sfida. Di atti incoscienti ne ho fatti tanti. Perché non farne un ultimo?».
Perché ultimo? Non darti limiti.
«Un’incoscienza simile non avrà eguali».
Credi nella salvezza?
«Ciecamente».
Hai il contratto fino a giugno. Resterai anche in caso di retrocessione? «Sarebbe doloroso, ma mi sono impegnato verbalmente a rimanere con il presidente e con la gente. Da parte mia rispetterò la parola, poi dipenderà dal club».
Nicola fece un’impresa simile al Crotone in una situazione ancora più estrema. «Ha replicato col Genoa. Nicola è un fenomeno. Un uomo che va raccontato oltre che un grande allenatore».
Quando l’hai scoperto che è un fenomeno?
«Sempre saputo. È un uomo intelligente, colto, sensibile. Un leader naturale. Mi piace l’osmosi che ha con i suoi collaboratori e i giocatori. Sa quello che dice e sa come dirlo».
Perché allenatori come lui non accedono ai top club?
«Purtroppo, è schiavo del cliché che lo vuole specialista in salvezze miracolose. Una trappola. In effetti, non si capisce che cazzo ci faccia a Salerno o a Crotone. Allena la Salernitana ma potrebbe allenare l’Inter».
E tu che cazzo ci fai a Salerno invece che in un club da scudetto?
«Te l’ho detto, Salerno mi ha ridato il senso ormonale della sfida… Vuoi sapere quando mi ha stregato definitivamente Nicola? Questa mattina nell’allenamento. Quando ha urlato a un giocatore, Kastanos: “Rincorrilo ferocemente con felicità!”».
La storia di Pirlo. Era lui la tua prima scelta?
«Era un’ipotesi. Non decollata, non per colpa sua. Ero alla ricerca di entusiasmo. Pretendevo entusiasmo. Era difficile, mi rendo conto. I dubbi prevalenti di Andrea erano legittimi».
I tuoi rapporti con il presidente Iervolino?
«È uno special one. Un imprenditore giovane, pieno di risorse. Ha energia, intelligenza, coraggio. Sarà un presidente che segnerà il calcio italiano nei prossimi dieci anni. Troppo orgoglioso per essere uno di passaggio».
Mercato funambolico il tuo. Andato esattamente nella direzione in cui volevi che andasse?
«Le ho fatte tutte le operazioni che volevo. Ha prevalso il mio leggendario buco di culo. Traduci tu per la carta stampata. Sono un uomo fortunato».
Il caso più eclatante?
«Ho agganciato questo Ederson, un giocatore di 22 anni che presto andrà a fare la mezzala in un grande club. Oggi gli ho visto fare due accelerazioni impressionanti».
Ne hai presi due di brasiliani. Anche un centravanti. Hanno capito bene in che mondo sono finiti?
«Mikael l’ha capito soprattutto a tavola. Ha perso comunque tre chili. Un ragazzo volenteroso, ha bisogno di tempo, farà bene. Mazzocchi e Verdi sono state due operazioni brillantissime. Ci aiuteranno molto».
Reazioni al secondo gol di Verdi su punizione contro lo Spezia?
«Ero impassibile di fuori, ma mi si è rotta una bottiglia dentro. Ti si è mai rotta una bottiglia dentro? Verdi è un grande talento, ma deve essere benvoluto, al centro di una storia. Se lo emargini diventa un giocatore normale».
Fazio e Perotti. Due giocatori con una storia importante nella tua Roma.
«Una meraviglia averli qui. Sono venuti a stupire. Fazio è un capo, ha già superato le ruggini. Perotti, imprevedibilmente, è stato subito in grado di giocare. Era fermo da un anno. Ci sta mettendo un entusiasmo infantile».
Dimmi di Ribery.
«Il giorno dopo il mio arrivo, mi fa: “Direttore, io non ce la faccio più a stare a Salerno. La gente ride quando perdiamo. A me non viene da ridere quando perdo”».
E tu?
«Dove cazzo vai, Franck, te ne vai ora che arrivo io? Il giorno dopo mi dice: “Ci ho ripensato, resto”. E io: “Guarda che lo scenario è cambiato, ho preso tanti giocatori nuovi, potresti non essere sicuro del posto”. “Vorrà dire che mi batterò…”. Capisci che umiltà? I grandi come come lui odiano perdere».
Perché cambi undici giocatori e, all’inizio, non cambi l’allenatore?
«Mi dai la possibilità di ristabilire la verità su Colantuono. Lo vedevo lavorare ventre a terra, con entusiasmo, mi sembrava corretto dargli una chance. Se ci salveremo sarà per un punto e dovremo ringraziare Colantuono, i due punti presi con Spezia e Genoa in una situazione drammatica. Prima perché c’erano pochi giocatori e poi perché troppi».
Perché allora l’hai esonerato?
«Perché si doveva completare un’operazione così radicale. Gli sono grato, ci ha consegnato un gruppo attendibile. Lui di questi tempi è in una grande sofferenza, anche perché il presidente ha detto sbadatamente una cosa che non doveva dire: “Preferisco lottare disordinatamente per restare in serie A, che andare ordinatamente in serie B”. Ripeto, se ci salviamo sarà anche merito suo».
Domani si torna da avversari a Bologna. Stato d’animo?
«Avevo deciso di non andarci. Poi ho detto ai ragazzi: “Voglio bene ai giocatori del Bologna, ma in questi giorni ho capito che voglio più bene a voi, quindi verrò allo stadio”. Sarà una tempesta emotiva, ma io vivo da sempre nella tempesta».
Nicola e Mihajlovic a parte, l’allenatore con cui hai avuto il più grande feeling?
«M’è successo di parlare molto con Spalletti, ma lì il livello delle nostre discussioni era sempre confinante con la follia».
Un rimpianto ce l’hai?
«Cos’è il rimpianto?»
Mi basta come risposta. Dimmi di Ilicic.
«Un ragazzo tendente alla depressione, un solitario che fa fatica a ridere. Quando ci si mette un fattore esterno, nella sua testa si scatena il peggio. Ne ho uno così anche a Salerno».
Chi è?
«Federico Bonazzoli. Un campione. Si nasconde la faccia sotto collari, berretti, orpelli vari. “Ma che cazzo ti nascondi”, gli faccio, “sorridi alla vita, sei bello, sei bravo, sei ricco”. Un giocatore con dei colpi sublimi».
Come stai?
«Da dio. So che certe cose posso farle, altre no, sono prudente. Posso fare quello che so fare meglio: il dispensatore di felicità. È, in fondo, il segreto del calcio, dare felicità alla gente».
Come ti è cambiata la vita dopo la malattia ai polmoni e il coma?
«A volte non capisco bene se sto vivendo o sognando. Non è male…».
Cosa dà dignità alla vita?
«L’onestà e il far felici gli altri. Nel caso mio anche l’esistenza di Santiago, mio figlio. Lui ha dato un senso alla mia vita. L’unica persona che voglio abbracciare e toccare. Quando è nato scricciolo settimino, me lo mettevo sul petto per farlo addormentare. Si addormentava ascoltando il rumore del mio corpo, i polmoni che graffiavano e il cuore che batteva».